venerdì 30 maggio 2008

Allarme afa

Credo abbia notato chiunque che i giornalisti, non appena c'è un po' di caldo, parlano di "allarme afa", con tanto di vecchietti morti che sarebbero morti comunque, ma se muoiono quando si suda sono "vittime del caldo killer". Allo stesso modo, due gocce di pioggia divengono "emergenza maltempo".

Ecco, vorrei che associaste un'altra immagine all'afa assassina.

Il caldo fa puzzare ancora di più le feci, e d'altronde cosa c'è al mondo di più piacevole di incavarsi in un angolo tra due strade ed annusare il tanfo di una cacca di cane sotto il solleone?

Anch'io, quando fa caldo, come un paio di giorni fa, puzzo ancora più del solito, se possibile. Adoro restare adagiato sul letto, a pancia in giù, a petare e sbrodolare un po' di feci liquide mentre sudo come un esquimese all'equatore. Il culo crostoso mesce magistralmente il divin lezzo dei due fluidi più rancidi, il sudore e i rivoli di deiezioni grumiformi. Il calore umido impedisce alla componente acquosa delle due sostanze di evaporare, fornendo l'ambiente giusto per la crescita di batteri coliformi.
Così trascorro il mio giorno di riposo. Alla fine, il sedere brucia come se fosse in preda alle fiamme, la flogosi troppo eccessiva per essere risolta senza repentini attacchi di febbre. E il membro, male ossigenato, tagliuzzato, compresso contro il materasso e lordo di urina torbida che brucia fino allo svenimento, è il segno più tangibile dello schifo che non posso esimermi dal rappresentare.

martedì 27 maggio 2008

sabato 24 maggio 2008

Autoritratto - I

Come già dissi in passato, odio la mia immagine, odio gli specchi, ogni volta è una stilettata al mio piccolissimo cuore.

Allora, in assenza di dispositivi fotografici, cosa di meglio che descrivermi a tutti voi per umiliarmi e punirmi?

Prima, una mia "carta d'identità"

Altezza: 1,65 m
Peso: 80 kg
Occhi: marroni
Capelli: neri tendenti al castano
Scarpe: 44
Lunghezza pene: a riposo 3,2 cm, in "erezione" 9 cm

La mia faccia, tonda e plebea, è caratterizzata da folte sopracciglia che si uniscono poco sopra il naso, questo schiacciato e largo. La bocca, sempre attorniata da crosticine gialle, prepara la visione di una dentatura storta, seppure integra. Lo spessore di tartaro arancio chiaro impedisce talvolta di vedere la congiunzione tra i denti, la lingua biancastra odora di sterco fermentato. La barba me la faccio alla meno peggio, a volte da un lato a volte dall'altro, una volta a settimana. Alcune pustoline rosse sulla fronte e delle orecchie piccine e attillate, miniere però di cerume, completano il quadro di un volto semplicemente disgustoso.

Un collo tozzo e praticamente assente attacca questa testa di merda a un corpo che non augurerei al mio peggior nemico, ma di cui parlerò solo la prossima volta. La nausea e le lacrime hanno già raggiunto il limite per oggi.

lunedì 19 maggio 2008

Tortura cinese

Lo ammetto, ho preso anche spunto dai vostri commenti, ma lo avevo in mente da tempo.

Ricordandomi di un racconto erotico di serie Z letto tanti anni fa, ho deciso di procurare dei taglietti minuscoli sul mio piccolo e flaccidissimo pene. Non poteva uscire sangue, troppo piccole, seppur numerosissime, erano le fessure.

La tempesta non era che nel suo momento di quiete, quello più spaventoso poiché, a tal punto, non può che progredire verso un destino di distruzione.

Ho preso tre pillole, ingoiate con forza l'una dopo l'altra, con le furia che ha solo un folle, sudando e petando con tutta l'energia che mi è rimasta. Tre pillole di Viagra.

La tempesta non aveva che da attendere per scatenarsi, le nubi si addensavano bigie fino ad esplodere.

E dopo alcune ore è esplosa anche l'erezione, con la potenza possibile solo dopo settimane di impotenza. Il pene indolenzito già doleva per l'incommensurabile sforzo. Ma non era che l'inizio.

La tempesta sta per erompere, le prime gocce cadono, cupi tuoni in lontananza.

I taglietti, ora divenuti ben visibili, si dilatano, ed iniziano a grondare.

La tempesta, la tempesta... riuscirò a vedere, vivo, la fine?

Non so quando finirà questo supplizio. Vorrei masturbarmi, ma riesco a malapena a battere queste poche lettere sulla tastiera.

venerdì 16 maggio 2008

Automutilazione

Lo scintillare del coltello contro il mesto lume della cucina.
Sulla lama si riflette la mia immagine, bolle di pus intorno alle labbra,
sguardo perso nei recessi dell'inutilità. Big bang alla rovescia.

Fluttuare inconscio di ricordi d'infanzia, alienazione come oggi.
Mostro la carne, acida e sporca, il mio braccio come una zampa
di bestia. Scorre il filo del coltello, ora è il mio sangue marcio che scintilla.


Procurarmi tagli sull'avambraccio è riuscito, almeno per oggi, a placare il mio senso di vuoto pneumatico che avverto nei miei visceri. Ma non potrà durare, devo punirmi con più foga per la mia vita orribile.

martedì 13 maggio 2008

Sono andato a troie

Chiedo perdono per il titolo così volgare del post.

Durante l'ultimo periodo, mi sono spesso recato in quella zona fosca e fumosa della mia città dove si trovano le professioniste del sesso. Andavo lì con una delle ultime corse dell'autobus, i pochi altri passeggeri nauseati dall'odore che emanavo, i singulti della metropoli che si palesavano stanchi attraverso finestre appena illuminate.

Poi mi celavo dietro un albero, e spiavo per un po' quella misteriosa subumanità che si agitava tra l'asfalto segnato da cerchioni lisi e un boschetto sudicio di profilattici purulenti e siringhe insanguinate. Quindi scappavo.

Ieri l'altro, dopo aver assunto una discreta quantità di alcool e paroxetina, ho trovato il coraggio per non stare solo a spiare. Con un mazzetto di banconote unte in tasca, mi sono diretto deciso verso una ragazza castana e più alta di me, chissà se era già maggiorenne. Il mio ardore svanì non appena incrociai il suo sguardo, deciso e maturo come non sarà mai il mio. Non ero in grado di proferire parola, con la mano tremante ho estratto le banconote dalla tasca e gliele ho mostrate, tenendo gli occhi rigorosamente volti a terra. Lei, forse abituata ad avere a che fare con i rifiuti umani, pronunciò qualche frase che non riesco a ricordare, e mi portò poco dietro il ciglio della strada, nelle prossimità di un cespuglio che faceva tutto tranne che nasconderci. Avevo la testa dolorante, percepivo il mondo esterno come una serie di fluttuazioni irregolari nel nulla. Gli oggetti, le foglie, il suo seno sodo e alto mi sembravano sbiadite istantanee provenienti da un universo sconosciuto.

Toltasi il cappotto, rimase praticamente nuda, solo un bianco perizoma le cingeva il basso ventre. Vedendo la mia totale incapacità di assumere qualsiasi tipo di iniziativa, abbassò la cerniera e mi sbottonò i miei lerci pantaloni. Un tanfo nauseabondo di cacca la colpì in pieno viso. Disgustata oltremodo, e resasi conto che sarei comunque rimasto inerte, si è limitata a tirare fuori il mio membro piccolo e molliccio dallle mutande che non cambiavo da giorni. Il glande, coperto da una crosticina gialla di sperma essiccato e pus infetto, fu sfiorato dalle sue dita affusolate. Questo, insieme alla visione delle sue gambe che sapevano di angelico, mi eccitò oltremodo, ma tutto rimase a livello della mia mente: il pene non accennava a principiare erezione alcuna. Per un po' ha provato a masturbarmi, io tremavo come una foglia e balbettavo parole incomprensibili. Un calo di pressione fu sul punto di farmi svenire, sul suo corpo perfetto calò una cortina nebbiosa. Riuscii a non perdere i sensi, ma sentii subito dopo lei che mi imprecava contro, allontanandosi lentamente. Mi tirai su i pantaloni, e nel fare questo gesto persi improvvisamente una quantità abnorme di feci a pallini duri mesciti con una scarica diarroica.

Mi sono recato, ancora frastornato e terribilmente eccitato, alla fermata del bus. Sedendomi sul sedile in fondo alla vettura, la pressione delle assi della seggiola e il colare della cacca giù per le gambe fecero uscire un prolungato e lento fiotto di sperma dal mio membro intorpidito e floscio.

lunedì 5 maggio 2008

Ignorante

Dopo numerose iniezioni di interferone sono riuscito a rimettermi, nonostante un colorito giallastro che persiste ormai da settimane non credo mi abbandonerà più.

Sono tornato al lavoro, ma sono terrorizzato da un approccio con la vecchia. Ogni volta che vedo quei seni grandi e avvizziti, quel sedere moscio ma sicuramente ricco di fosse cellulitiche dove riversare con brama litri di liquido seminale, sento una fitta che mi stronca il respiro.
Mi chiudo nello stanzino, con le gambe che tremano, ma, nonostante l'eccitazione oltre ogni limite, non riesco ad avere erezione alcuna. Poi, sbirciando ancora quel petto che sa di giovane frutta e fetida muffa allo stesso momento, perdo dal pene moscio un liquido trasparente e appiccicoso, con grumi densi e gialli che restano bloccati all'interno per ore e che solo dopo una dolorosa minzione irrompono all'esterno tra urla represse.

La mia ignoranza sull'approccio non tanto col sesso femminile, ma con il mondo, è totale.
Allora torno a casa, e, senza riuscire neanche a masturbarmi, mi abbandono sul divano di fronte alla televisione che trasmette squallide televendite sulle reti locali. Intorno, un tanfo che talvolta induce al vomito anche me.