È inutile, sempre lì finisco!
martedì 12 febbraio 2008
Associazione d'idee
È inutile, sempre lì finisco!
Sapore acidulo
Non ce l'ho fatta. Ho assaggiato quella poltiglia acida e scottante. Ho vomitato a mia volta. Sono stato visto. Tralascio l'imbarazzante discussione avuta con la vicina.
Stasera ho defecato. Ho raccolto il materiale e l'ho messo nel freezer. A breve spiegherò cosa ci ho fatto.
venerdì 8 febbraio 2008
Una gita in periferia
C'è un'area dove ad alti palazzi s'intervallano ampi prati, spesso secchi e comunque privi di alberi. Talvolta qualche ragazzino gioca a pallone, o prova le prime ebbrezze dell'autoerotismo in compagnia di qualche amico più grande.
Non è raro che in quella zona girino cani randagi, che lasciano le loro deiezioni nascoste fra i fragili ciuffi d'erba gialla. Passeggiando ho trovato un ammasso informe di feci che adagiavasi su un fazzoletto per il naso. L'odore che emanava quell'escremento era unico, io adoro questi profumi. So bene quanto sia nocivo per la salute (la mia già malferma) il contatto con certe cose, e ho cercato di trattenermi. Ma, quando non sono neanche più riuscito a controllare una subitanea erezione, ho ceduto.
Ho affondato un dito nella cacca, ho iniziato ad annusare l'unghia incrostata di feci.
Sofferenza e piacere insieme. Sono riuscito, per questa volta, a non leccare il polpastrello sudicio.
giovedì 7 febbraio 2008
Confessione
mercoledì 6 febbraio 2008
Tanfo
Ho reciso istantaneamente il cordone ombelicale con il bidone della monnezza nel momento in cui ho saputo di fare più senso del bidone stesso. Fogne dagli aliti pestilenti mi avete riservato questa nicchia oscura ed isolata perché mi chiedo ma in fondo lo so. Lo so. Lo so. Bubboni verde topo persi nel blu dell'acqua inquinata da virus erogeni. Erogeni sì perché eccitano l'immaginazione dell'occupato presso l'ASL che spazza per terra e si fa le seghe nel suo stanzino gialliccio pensando ai seni avvizziti dell'impiegata quasi sessantenne. Poi torna a casa e per sentirsi trasgressivo fuma una sigaretta chiuso nella sua cameretta mentre i genitori vecchi se ne stanno di là. Gli si rizza anche a pensare al culo della madre ma non osa masturbarsi. Nello stanzino dell'ASL lascia tracce di sperma per terra per sentirsi virile. I grattacieli svettano informi nei sogni del portinaio lezzo di sudore della palazzina del centro che vede psicologi avvocati commercialisti baldracche sudici mariti che fanno le corna alla moglie con la loro madre. E ogni tanto con la figlia maggiorenne per carità. Non l'ho uccisa davvero era sesso con un cadavere questa l'ho letta sul giornalino dei piccoli grandi mangioni l'errore d'ortografia m'inquieta. Che schifo scivolare nel cesso di un autogrill ok sono fissato e spalmarsi la faccia del piscio impregnato di polvere e infetto fino al midollo. E se poi uno va al McDonald's magari con la cacchetta dell'uomo delle pulizie peruviano rimasta a sgocciolare ih che schifo tu dici ma magari poi hai mangiato di peggio senza saperlo. Macché senza saperlo e a volte penso che mi piacerebbe masturbare l'ometto trentenne dell'ASL. Davvero no scherzo preferisco leccare la busta della spesa che ora uso come sacco per la spazzatura dove ho messo un pollo irrancidito scaduto nel frigo da due mesi più puzzolente di quella donna rimasta chiusa in casa per 27 anni con i capelli lunghi tre metri. E intanto la scollatura involontaria della vecchia impiegata continua a stimolare le ridicole pulsioni del signorino di cui prima.
martedì 5 febbraio 2008
L'orrido desiderio
Ti vorrei mangiare.
Strapparti divellere deglutire
quelle carni innocenti di meretrice
mancata.
Vorrei avviluppare nelle spire del mio dolore
le ciocche straziate dei tuoi capelli
sempre tiepidi.
Osservarti con estasi mentre implori
come mai avevi fatto
di lasciarti attaccati quei seni
che tutti bramano
e che tu parevi ignorare.
Avvertire nel mio stomaco
il tuo stomaco
forato all'improvviso
come mille aspirine.
Concepire il dolore
solo tuo tutto tuo
del tuo sesso in preda ai denti miei
il tuo clitoride madido tra la mie labbra schifate.
Scarnificare quelle gambe
quelle vene quei passi
distanti se ricordi quel pomeriggio quel sole
appena filtrato dalle persiane
silenziose.
E poi non digerirti.
Non lo merito io
e non lo meriti tu.
Bruciarti scottarti ustionarti
coi miei succhi gastrici osceni.
E lasciarti, le cervella e gli intestini
tutt'uno con il cuore
in uno squallido cesso
di autogrill,
vomito informe tra piscio di drogati.