domenica 3 luglio 2022

Una bella bevuta fresca contro il caldo

In questi giorni la canicola morde più del solito, e lascio immaginare al lettore l'odore del mio copioso sudore.

Ma ieri è successo un fatto per me abbastanza solito, cioè una violenta diarrea, di quella che dopo le prime tre scariche ricche di gelatinosi blocchetti marroncini, simili a cioccolatini ripieni di nocciola abbandonati al sole, inizia a regalare copiosi flussi di acqua sporca e dall'alta carica batterica. La diarrea in questo caso si è rivelata più abbondante e persistente del solito, e ho pensato di capitalizzare le inarrestabili pisciate dal culo che non accennano a ridursi, né in frequenza né in quantità.

Mi sono procurato, al negozio cinese sotto casa (dove la commessa mi ha scoperto mentre cercavo di spiarle il seno che si intravedeva dalla camicia sbottonata - che tristezza profonda bramare cose che non saranno mai mie, nemmeno in una versione ridotta), alcune caraffe dall'ampia apertura e relativi grandi tappi di sughero.

A ogni nuovo crampo all'intestino, mi sono recato in bagno con una caraffa, e vi ho rovesciato all'interno tutta quell'acquetta piena di germi e sporadici pezzettini di feci e peli. La gittata è molto potente, complice anche l'ampolla rettale slargata dai pochi ma degradanti vizi del mio passato.

Nel frigo ho adesso cinque traboccanti caraffe, con una densa sabbiolina sul fondo e alcuni spugnosi blocchetti quasi gommosi che nuotano nel liquido torbido. Anzi, le caraffe traboccanti sono solo quattro, una è quasi vuota: me ne sono fatti due freschi bicchieri, mentre il termometro raggiungeva i 38 gradi e neanche una nuvola solcava il cielo di questo luglio, che si preannuncia orribile.

La bevanda, tra l'altro, riporta sorniona i germi che il mio corpo aveva cercato con fatica a espellere. In questo modo sto alimentando un circolo virtuoso che potrebbe procurarmi per almeno un mesetto abbondante un fresco drink per superare questa ennesima, inutile, fase della mia vita.

lunedì 28 marzo 2022

Di nuovo nel baratro

Eccomi di nuovo qui.

Quando tutto sembrava andare per il verso giusto, è arrivata la pandemia, come penso anche i più disinformati di voi sapranno. Sia chiaro, per uno come me abituato a vivere letteralmente tra gli escrementi e lo stracchino andato a male impastato sui peli pubici, i timori di ammalarmi non mi hanno mai sfiorato, se non nei primi momenti quando non si sapeva davvero di cosa si trattasse (e più per il timore di perdere la mia nuova vita che per il fatto in sé di contrarre un'infezione).

Invece la convivenza forzata con il mio compagno mi ha fatto scoprire che le scappatelle su cui chiudevo un occhio erano qualcosa di più, e che non solo uomini ma anche donne (queste a pagamento, sia chiaro) facevano parte dei suoi interessi. Dopo poche settimane di lockdown, quando mi afferrava quel mozzicone che ci vuol coraggio a chiamare cazzo, non lo faceva più con il fare gentile e un po' colpevole di chi sa che deve qualcosa anche alla sua dolce metà, ma con la rabbia e la frustrazione di chi si sta accorgendo che qualcosa non va. E sono sicuro che i giochi sempre più sadici che mi proponeva (e che avevano come vittima sempre quel cordolo di carne guasta da cui ogni tanto esce uno sperma impastato di pus rancido) non erano per "ravvivare l'atmosfera", ma per farmi del male e sfogarsi.

E poi, a stare sempre in casa ho riscoperto le vecchie passioni di un tempo, quando ero uno scapolo impiegato della ASL che si crogiolava negli scatoloni in cui mi piaceva cacare a volontà. Una volta, quando le restrizioni erano temporaneamente allentate e lui era fuori, mi strinsi intorno una coperta (unica cosa che veniva dalla mia vecchia casa) e ho lasciato che il mio sfintere si dilatasse... mi addormentai così, e al risveglio lui era dietro di me che mi fissava con sconforto. Mi fece ingoiare tanto di quell'imodium che stavo soffocando, e segnò sul calendario gli orari e i giorni (tre al mese) in cui mi sarei potuto liberare mentre lui sorvegliava. Ovviamente mentre era fuori casa dovevo stare nudo, rinchiuso in una stanza vuota. L'aspetto positivo è che giocoforza ho dovuto abbandonare il lavoro part-time che avevo e che non vedevo l'ora di terminare.

Sembrano racconti rocamboleschi simili alle mie vecchie disavventure, ma la realtà è che sono stati i pochi episodi degni di essere raccontati in oltre due anni. Per il resto, solo silenzi, dolori allucinanti all'intestino stracolmo e al pene sempre più abraso, ogni tanto voci che ansimano di piacere fuori dalla porta della stanza dove venivo rinchiuso, ma nulla più.

Non ho mai avuto la forza ma soprattutto l'interesse a ribellarmi, e ho solo aspettato di essere lasciato solo, in questa casa (dove l'intestatario dell'affitto sono io, affitto che ho scoperto che non veniva pagato neanche durante la mia reclusione, nonostante lui dicesse il contrario).

Ora sono improvvisamente tornato indietro di almeno dieci anni, speriamo che ci sia una nuova Angela che mi apra nuove vie attraverso degli incancreniti condilomi ramificati.